Il bozzetto per Affari Italiani |
A volte ritornano e, già che ci sono, ci riprovano. Sul fatto che quello messo in scena da Silvio Berlusconi in questi giorni sia un ritorno, ci sono pochi dubbi (era un po' sparito dalla circolazione): lo show di Genova lo ha dimostrato. C'era tutto: un po' di spettacolo (l'inciampo sulla pedana "messa dalla sinistra"), i ritornelli buoni per chi non ha letto la Costituzione (come quello del terzo governo non eletto dal popolo, come se gli italiani ne avessero mai eletto uno) e le convinzioni ripetute fino al punto di crederci: su tutte, quella per cui "i moderati, dal 1948 a oggi, non hanno ancora imparato a votare". E' qui che il sogno prende un nome e un modello ben precisi: il Partito repubblicano, quello americano naturalmente, quello del suo American Friend George Bush.
Ci hanno fatto il titolo quasi tutti, su questo sogno partitico berlusconiano, anche perché lui - che di idee di partiti nuovi ne aveva già lanciate diverse - ci ha preso gusto in questi giorni, ripetendo in varie occasioni il suo auspicio, precisando che "i repubblicani o come li chiameremo abbiamo il dovere di riunirli in un grande movimento per farli diventare maggioranza politica": prima ancora, alla fine del mese scorso, aveva parlato del sogno di "costruire una grande forza democratica sul modello dei Repubblicani, che esprima la maggioranza del nostro Paese, fatta di moderati e liberali".
Nei giorni successivi i media si sono occupati soprattutto di altro e oggi si scrive ancora del tracollo forzista ad Aosta e in Trentino - Alto Adige, ma qualcuno deve avere seriamente continuato a lavorare sull'idea del Partito repubblicano: lo testimonierebbe il bozzetto di simbolo che circolerebbe nell'entourage berlusconiano e che Affari italiani ha pubblicato ieri, a corredo di un pezzo a firma Alberto Maggi. L'autore parla di "fonti vicinissime all'ex premier" che etichettano l'idea del partito repubblicano come possibile "ultima mossa di Berlusconi prima di fare un passo indietro e di abbandonare, gradualmente, la vita politica". Persino la batosta dell'ultimo turno elettorale e il probabile bis alle regionali di fine mese potrebbero aiutare a formattare tutto e a ripartire con un marchio nuovo.
Di problemi, però, Berlusconi ne ha almeno due più uno. Il primo è strategico: l'idea del Partito repubblicano non piace quasi a nessuno dei soggetti politici che potrebbero o dovrebbero farne parte. Quella sigla dovrebbe riuscire a unire sotto un'unica insegna tutto il centrodestra più o meno moderato (nessuno schema a più punte sarebbe efficace, vigente l'Italicum), ma l'entusiasmo scarseggia. Tra Salvini che precisa "Io non mi sciolgo in niente", Giorgia Meloni che si dichiara contraria alle "ammucchiate", come probabilmente era il Popolo delle libertà ("un minestrone indigeribile e l’ennesima presa in giro nei confronti degli italiani", per giunta senza le primarie americane) e l'ex Fi (e ora Ncd) Cicchitto che bolla l'operazione come "partito monarchico", di interessati se ne vedono pochini (c'è il "vedremo" di Alfano, ma ... tutto qui?).
Il secondo problema è giuridico e, per ora, ha un nome e un cognome: Francesco Nucara, segretario del Partito repubblicano italiano. Prima La Voce Repubblicana aveva commentato con una battuta (fino a un certo punto) l'uscita di Berlusconi: "Se Berlusconi volesse iscriversi al Pri ne saremmo davvero felici", suggerendo però di utilizzare per un nuovo partito la dicitura "conservatore", visto che i repubblicani americani "hanno una componente etico religiosa puritana più severa di quella che vige nel mondo cattolico e che potrebbe essere indigesta a Berlusconi" (e anche i repubblicani d'Europa avevano fin troppo fastidio per il denaro). Oggi, in compenso, Nucara esce allo scoperto in un'intervista con Pietro De Leo sul Tempo e parla chiaro sul progetto di Berlusconi: "Adesso lui può dire ciò che vuole. Ma se, un domani, dovessero essere depositati in vista delle elezioni due simboli del partito repubblicano, il ministero dell'interno non concederebbe mai una cosa del genere. Anche se Berlusconi togliesse l'edera nel simbolo e lasciasse solo il nome, comunque ci sarebbe il rischio di confondere gli elettori".
Nucara difende il partito di cui è segretario e cita il caso del Movimento dei repubblicani europei (Mre), fuoriusciti nel 2001 con Luciana Sbarbati, che "disegnarono nel simbolo più di una foglia d'edera. Facemmo causa e la vincemmo noi". Nucara, in realtà, commette almeno due errori, e non piccoli. Innanzitutto, forse non sa che proprio il Ministero dell'interno nel 2001 ha concesso eccome, ammettendo in quell'anno tanto il simbolo del Pri, quanto quello dei Repubblicani europei, con la parola in vista e il tralcio di foglie d'edera (identiche a quella stencil dei successori di Spadolini). Secondariamente, dimentica di dire che la causa con il Mre non l'aveva vinta in pieno il Pri: ebbe anzi torto completo nella prima ordinanza a luglio del 2005, mentre in sede di reclamo a gennaio del 2006 il tribunale di Roma ritenne confusorio solo l'accostamento tra l'aggettivo "repubblicano" e le foglie d'edera e lo inibì al Mre (e ai Repubblicani democratici di Ossorio), consentendo invece la scelta alternativa tra le foglie e la parola. Anche Berlusconi, dunque, se volesse inserirsi nel filone repubblicano, potrebbe scegliere uno dei due elementi, senza che un tribunale o un ufficio elettorale possa dirgli "no". Anche se la fine numerica del Pri potrebbe non essere un ottimo viatico.
E il terzo problema? Al momento è soprattutto estetico, perché il bozzetto circolato è pressoché inguardabile e dall'efficacia grafica bassissima (oltre a non avere alcun riferimento identitario, ma quale dei simboli creati negli ultimi anni può dire di possederlo o renderlo riconoscibile?). Tra l'altro, sia pure a scelte cromatiche invertite, all'occhio attento il bozzetto ricorda un po' l'emblema disegnato a suo tempo per il film Qualunquemente, a sostegno della campagna elettorale improbabile e pacchiana di Cetto La Qualunque. Nessuno vuole dissacrare nulla, ci mancherebbe, ma al momento spunti positivi in questo progetto di Partito repubblicano è davvero difficile trovarne...
Ci hanno fatto il titolo quasi tutti, su questo sogno partitico berlusconiano, anche perché lui - che di idee di partiti nuovi ne aveva già lanciate diverse - ci ha preso gusto in questi giorni, ripetendo in varie occasioni il suo auspicio, precisando che "i repubblicani o come li chiameremo abbiamo il dovere di riunirli in un grande movimento per farli diventare maggioranza politica": prima ancora, alla fine del mese scorso, aveva parlato del sogno di "costruire una grande forza democratica sul modello dei Repubblicani, che esprima la maggioranza del nostro Paese, fatta di moderati e liberali".
Nei giorni successivi i media si sono occupati soprattutto di altro e oggi si scrive ancora del tracollo forzista ad Aosta e in Trentino - Alto Adige, ma qualcuno deve avere seriamente continuato a lavorare sull'idea del Partito repubblicano: lo testimonierebbe il bozzetto di simbolo che circolerebbe nell'entourage berlusconiano e che Affari italiani ha pubblicato ieri, a corredo di un pezzo a firma Alberto Maggi. L'autore parla di "fonti vicinissime all'ex premier" che etichettano l'idea del partito repubblicano come possibile "ultima mossa di Berlusconi prima di fare un passo indietro e di abbandonare, gradualmente, la vita politica". Persino la batosta dell'ultimo turno elettorale e il probabile bis alle regionali di fine mese potrebbero aiutare a formattare tutto e a ripartire con un marchio nuovo.
Di problemi, però, Berlusconi ne ha almeno due più uno. Il primo è strategico: l'idea del Partito repubblicano non piace quasi a nessuno dei soggetti politici che potrebbero o dovrebbero farne parte. Quella sigla dovrebbe riuscire a unire sotto un'unica insegna tutto il centrodestra più o meno moderato (nessuno schema a più punte sarebbe efficace, vigente l'Italicum), ma l'entusiasmo scarseggia. Tra Salvini che precisa "Io non mi sciolgo in niente", Giorgia Meloni che si dichiara contraria alle "ammucchiate", come probabilmente era il Popolo delle libertà ("un minestrone indigeribile e l’ennesima presa in giro nei confronti degli italiani", per giunta senza le primarie americane) e l'ex Fi (e ora Ncd) Cicchitto che bolla l'operazione come "partito monarchico", di interessati se ne vedono pochini (c'è il "vedremo" di Alfano, ma ... tutto qui?).
Il secondo problema è giuridico e, per ora, ha un nome e un cognome: Francesco Nucara, segretario del Partito repubblicano italiano. Prima La Voce Repubblicana aveva commentato con una battuta (fino a un certo punto) l'uscita di Berlusconi: "Se Berlusconi volesse iscriversi al Pri ne saremmo davvero felici", suggerendo però di utilizzare per un nuovo partito la dicitura "conservatore", visto che i repubblicani americani "hanno una componente etico religiosa puritana più severa di quella che vige nel mondo cattolico e che potrebbe essere indigesta a Berlusconi" (e anche i repubblicani d'Europa avevano fin troppo fastidio per il denaro). Oggi, in compenso, Nucara esce allo scoperto in un'intervista con Pietro De Leo sul Tempo e parla chiaro sul progetto di Berlusconi: "Adesso lui può dire ciò che vuole. Ma se, un domani, dovessero essere depositati in vista delle elezioni due simboli del partito repubblicano, il ministero dell'interno non concederebbe mai una cosa del genere. Anche se Berlusconi togliesse l'edera nel simbolo e lasciasse solo il nome, comunque ci sarebbe il rischio di confondere gli elettori".
Nucara difende il partito di cui è segretario e cita il caso del Movimento dei repubblicani europei (Mre), fuoriusciti nel 2001 con Luciana Sbarbati, che "disegnarono nel simbolo più di una foglia d'edera. Facemmo causa e la vincemmo noi". Nucara, in realtà, commette almeno due errori, e non piccoli. Innanzitutto, forse non sa che proprio il Ministero dell'interno nel 2001 ha concesso eccome, ammettendo in quell'anno tanto il simbolo del Pri, quanto quello dei Repubblicani europei, con la parola in vista e il tralcio di foglie d'edera (identiche a quella stencil dei successori di Spadolini). Secondariamente, dimentica di dire che la causa con il Mre non l'aveva vinta in pieno il Pri: ebbe anzi torto completo nella prima ordinanza a luglio del 2005, mentre in sede di reclamo a gennaio del 2006 il tribunale di Roma ritenne confusorio solo l'accostamento tra l'aggettivo "repubblicano" e le foglie d'edera e lo inibì al Mre (e ai Repubblicani democratici di Ossorio), consentendo invece la scelta alternativa tra le foglie e la parola. Anche Berlusconi, dunque, se volesse inserirsi nel filone repubblicano, potrebbe scegliere uno dei due elementi, senza che un tribunale o un ufficio elettorale possa dirgli "no". Anche se la fine numerica del Pri potrebbe non essere un ottimo viatico.
E il terzo problema? Al momento è soprattutto estetico, perché il bozzetto circolato è pressoché inguardabile e dall'efficacia grafica bassissima (oltre a non avere alcun riferimento identitario, ma quale dei simboli creati negli ultimi anni può dire di possederlo o renderlo riconoscibile?). Tra l'altro, sia pure a scelte cromatiche invertite, all'occhio attento il bozzetto ricorda un po' l'emblema disegnato a suo tempo per il film Qualunquemente, a sostegno della campagna elettorale improbabile e pacchiana di Cetto La Qualunque. Nessuno vuole dissacrare nulla, ci mancherebbe, ma al momento spunti positivi in questo progetto di Partito repubblicano è davvero difficile trovarne...
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