Trovarsi la strada sbarrata all'improvviso non fa piacere; se lo fa chi di fondo la pensa come te e pensi possa stare dalla tua parte, ancora meno. Era prevedibile che i primi usciti allo scoperto chiedendo un impegno più diretto della Fondazione Alleanza nazionale in politica avrebbero reagito alle uscite di chi sta opponendo a quel disegno. Dopo il voto con cui l'assemblea nazionale di Fratelli d'Italia ha impegnato gli iscritti a non sostenere nella Fondazione An progetti che paiano "duplicazioni" dell'iter che vuole trasformare Fdi nel partito che punta a unire la destra italiana, i primi firmatari della "mozione dei quarantenni" hanno scritto a tutti gli aderenti alla fondazione, con l'intento dichiarato di portare chiarezza nelle decisioni che ciascuno dovrà prendere; mi sono imbattuto nel testo della lettera, inviata ieri, e posso riportarne il contenuto in anteprima.
Il concetto di base è quello ripetuto più volte in queste settimane: "In un momento di profonda crisi di tutto il centrodestra a noi pare assurdo non impiegare, per quanto possibile e nei limiti di legge, lo strumento della Fondazione per rilanciare la tradizione politica che arriva a noi attraverso l'Msi e An, in un quadro di leale collaborazione con tutti gli altri soggetti politici che operano nel centrodestra".
I primi firmatari - Fausto Orsomarso, Sabina Bonelli (di Fratelli d'Italia), Michele Facci, Andrea Santoro, Alessandro Urzì e Gianluca Vignale - chiariscono le loro idee sulla Fondazione An. Ente che, a loro dire, "non può e non deve trasformarsi in un partito, ma come tutte le fondazioni politiche può svolgere un’attività di elaborazione e diffusione dei valori e delle tesi della Destra politica italiana". Non solo "celebrazione del passato" dunque, ma intenzione e desiderio di "svolgere un ruolo di indirizzo nello scenario politico italiano".
Precondizione di tutto questo, tuttavia, è la "democratizzazione" della fondazione, facendo eleggere il cda dell'ente dall'assemblea, "cancellando ogni criterio di autodeterminazione verticistica". I principi ricalcano la mozione che Nicola Bono e Vincenzo Zaccheo avevano presentato - a quanto pare senza successo - nella prima assemblea della Fondazione An, quella del dicembre 2013 in cui si arrivò a litigare per la concessione del simbolo di An a Fratelli d'Italia (essenzialmente perché per questa votò meno della metà degli aderenti alla fondazione, ma lo statuto della stessa si accontentava di un terzo per ritenere raggiunto il numero legale); il punto però è stato trattato solo indirettamente nella "mozione dei quarantenni", per cui è probabile che si presenti un documento ad hoc.
Ottenuto ciò, obiettivo immediato della fondazione dovrebbe essere "contribuire a dar vita ad un’Associazione che, senza partecipare alle elezioni come partito politico, svolga la funzione di luogo di aggregazione di tutte le persone di destra che si vogliono ritrovare in una 'casa comune'". Non si tratterebbe (in questa fase) di un partito, ma di una realtà associativa transitoria, aperta agli aderenti alla fondazione ma anche a chi, pur non facendone parte, si riconosce negli stessi ideali; il ruolo che l'associazione dovrebbe svolgere, per come è delineato nella lettera, sembra chiarire anche che a svolgere quel ruolo aggregatore non dovrebbe essere un soggetto esistente, Fratelli d'Italia compreso.
L'occasione è buona per tirare in ballo una prima volta il problema spinosissimo delle risorse della Fondazione AN, più volte al centro dello scontro interno all'ente stesso: "Questa Associazione - si legge nella lettera - non deve affatto “assorbire” (in toto o in parte) il patrimonio economico di Alleanza Nazionale, ma deve solo essere messa in condizione di operare dalla Fondazione", senza che si possa parlare di passaggi di patrimonio o di "trasformazione surrettizia" della Fondazione An in un ente che somiglia a un partito.
L'idea di approdare a un partito unitario della destra rimane, ma solo con la successiva indizione di "un grande Congresso di fondazione che raccolga tutte le energie presenti nella nostra area politica". A dimostrazione del fatto che non si può parlare di una sorta di An 2.0, i "quarantenni" precisano - nel modo più chiaro che si sia visto finora - che quel partito dovrà essere "un’organizzazione nuova con nome, simboli e messaggi in sintonia con i nostri tempi". Capire quali, ovviamente, è prematuro.
A chiusura della "questione soldi", la lettera precisa che "tutti i passaggi che porteranno alla futura costituzione di un partito politico saranno preventivamente sottoposti al parere" della commissione che ha il compito di verificare gli statuti dei partiti e i loro rendiconti, così come riconfigurata dal decreto-legge n. 149/2013 che ha introdotto le prime regole vincolanti per i partiti (oltre che cambiare la loro forma di finanziamento); questo dovrebbe "garantire la massima trasparenza e prevenire qualsiasi contenzioso di tipo legale".
La lettera, che non cita il voto contestato nell'assemblea nazionale di Fratelli d'Italia, si chiude con una stilettata alla posizione (contenuta, a quanto pare, in un'altra mozione) tenuta soprattutto dagli ex An ora in Forza Italia Altero Matteoli e Maurizio Gasparri, ritenuta volta solo a delegittimare del proprio progetto. I "quarantenni" ricordano come la strada da loro tracciata sia compatibile con il parere dei civilisti Antonino Cataudella e Giovanni Doria, incaricati dal Cda della Fondazione che aveva deciso questo all'unanimità (compresi dunque Matteoli e Gasparri); la mozione di chi vuole un impegno solo culturale della fondazione, invece, finisce per "presentare la nascita e il sostegno di un’associazione come la trasformazione “surrettizia” della Fondazione in Partito". Il progetto dei "quarantenni", cui hanno aderito altri soggetti a partire da Gianni Alemanno e dal suo movimento Prima l'Italia, punterebbe solo a "far uscire la Fondazione An da un inutile e paralizzante ruolo museale, per contribuire direttamente alla riaggregazione della destra politica italiana".
In questi pochi giorni rimasti, partecipanti e aderenti alla fondazione avranno di che riflettere, su questa lettera come su altri documenti che dovessero uscire (difficile che chi è stato chiamato in causa qui non decida di replicare). Di certo il clima appare sempre più teso, forse non il più adatto a perseguire il disegno di unità della destra.
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