Per qualcuno, svariati decenni fa, gli italiani erano "un popolo di santi, poeti, navigatori, artisti, colonizzatori e trasmigratori". Verrebbe da aggiungere, sommessamente, anche che a onde si scoprono ignoranti o espertissimi in materia di diritto elettorale: sulla prima questione valga quello che poteva accadere sulle esclusioni eccellenti alle elezioni amministrative; sulla seconda, certi casi sembrano illuminanti. Si prenda, ad esempio, il comunello di Carapelle Calvisio, in provincia dell'Aquila. Wikipedia gli attribuisce 82 abitanti, il censimento del 2011 ne contava 85 e altrettanti ne indica il Viminale ora; gli elettori - salvo errore - sarebbero 67, se partecipassero tutti. Il fatto è che i candidati che si contendono i 10 posti da consigliere comunale sono 48, organizzati in 6 liste; anzi, in origine c'era una settima lista, che avrebbe aggiunto altri 7 candidati al mucchio.
Com'è possibile una situazione così assurda, di cui hanno parlato vari media, compreso il Fatto Quotidiano con Maurizio Di Fazio? Come si è ricordato più volte in questi giorni, per i comuni sotto i mille abitanti non è prevista alcuna raccolta di firme, cosa che elimina un ostacolo non secondario alla presentazione delle liste; l'affollamento di candidati, tuttavia, sembra avere altre ragioni e qualcuno ha passato al setaccio i nomi delle liste presentate per scoprirle. In particolare, è stato facile scoprire che vari candidati appartenevano alla Polizia, alla Polizia penitenziaria o ai Carabinieri e - dettaglio non da poco - risiedevano lontano dall'Abruzzo, in regioni come Puglia, Campania, Sicilia o Sardegna, lavorando magari da tutt'altra parte.
Com'è possibile una situazione così assurda, di cui hanno parlato vari media, compreso il Fatto Quotidiano con Maurizio Di Fazio? Come si è ricordato più volte in questi giorni, per i comuni sotto i mille abitanti non è prevista alcuna raccolta di firme, cosa che elimina un ostacolo non secondario alla presentazione delle liste; l'affollamento di candidati, tuttavia, sembra avere altre ragioni e qualcuno ha passato al setaccio i nomi delle liste presentate per scoprirle. In particolare, è stato facile scoprire che vari candidati appartenevano alla Polizia, alla Polizia penitenziaria o ai Carabinieri e - dettaglio non da poco - risiedevano lontano dall'Abruzzo, in regioni come Puglia, Campania, Sicilia o Sardegna, lavorando magari da tutt'altra parte.
Tutto questo ha fatto irritare il sindaco uscente Domenico Di Cesare, ricandidatosi in extremis con la sua lista civica Insieme per Carapelle (simbolo: un emiciclo "parlamentare" bianco su fondo blu, con tre stelle in basso, colorato e "rinfrescato" rispetto all'emblema usato nel 2011): "Gli appartenenti alle forze di polizia - ha spiegato ad Angela Baglioni del Centro - hanno diritto a 30 giorni di aspettativa retribuita perché la legge vieta loro di prestare servizio durante la campagna elettorale. Nulla da ridire, se le candidature fossero state presentate nei rispettivi Comuni di nascita o di residenza [...]. Molti di loro, però, qui non ci sono mai stati, e forse ignoravano addirittura l’esistenza di Carapelle. Tra i candidati a sindaco c’è anche una signora di 72 anni che è stata qui per la prima volta solo per autenticare la firma".
In effetti, l'art. 81, comma 3 della legge n. 121/1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) stabilisce che "Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile".
Di Cesare ha invocato un intervento del ministro dell'interno e dei vertici delle forze dell'ordine, per evitare che quanto è accaduto in questo caso si riproponga in futuro: quanto accaduto l'anno scorso a Roccavivara mostra che la prassi di cui si lamenta il sindaco uscente ha radici antiche e non sarebbe facilmente estirpabile (a meno di reintrodurre l'obbligo di raccogliere e far autenticare le firme anche nei comuni sotto i mille abitanti). Di Cesare non è il solo a pensarla così: "Il sindaco ha ragione. Purtroppo è la legge che prevede questa possibilità, ma la mia lista è formata per lo più da giovani residenti a Carapelle", ha dichiarato sempre al Fatto Fabrizio Iannessa, candidato sindaco per la lista Carapelle vola, che schiera sul simbolo un gufo - o un altro rapace, chi lo sa - con tanto di sombrero memorabile in testa.
Di nuovo Di Fazio del Fatto ha interpellato Roberto Di Pietrantonio, appartenente Polizia di Stato e candidato sindaco con una Lista civica di nome e di fatto: "La mia lista - ha risposto - è composta da nove candidati, di cui soltanto due delle Forze dell’ordine: io e un aspirante consigliere. Nessuno dei miei candidati risiede a Carapelle Calvisio, ma non trovo la questione rilevante perché non prevista dalla legge. E il movimento civico che guido è composto da giovani. Abbiamo voluto rispondere all'appello lanciato dal sindaco uscente, che a febbraio invitò i giovani a candidarsi. Inoltre ci interessava fare un’esperienza politica partendo da un Comune di piccole dimensioni. Avremmo tranquillamente rinunciato all’aspettativa, ma questa avviene d’ufficio. Proprio al fine di garantire la più onesta e trasparente attività di campagna elettorale senza eventuali ripercussioni o tentativi di distrarre il voto dei cittadini". Il simbolo utilizzato, peraltro, era quasi identico a quello presentato l'anno scorso sempre da Di Pietrantonio alle comunali di Castelvecchio Calvisio, località attigua a Carapelle: al posto del blu, il tricolore era fatto con il verde, ma lui era l'unico candidato sindaco e su 277 elettori andarono a votare solo in 5 (con un solo voto valido), ben meno dei 139 richiesti dalla legge, quindi la votazione fu annullata.
A nessuno piace la patente di "furbacchione" o di "sfruttacavilli", quindi non è bene addentrarsi in disquisizioni sulla "bontà" di questa o di quella lista; al più si può ricordare che, alle scorse elezioni, erano presenti tanto la lista Insieme per Carapelle quanto Carapelle mj' (con una colomba in volo e una stretta di mano), anche se entrambe avevano una grafica decisamente black&white, come mostra il sito del Viminale. Quanto alla settima lista, Verso la libertà (con "un aereo di colore verde su sfondo giallo" per simbolo), è stata ricusata per un problema ricorrente in questo periodo - ossia l'autenticazione di firme da parte di funzionari di comuni diversi rispetto a quello di candidatura - ma i candidati risultavano tutti nati fuori regione (della residenza non è dato sapere). Sarà interessante vedere quanti carapellesi parteciperanno al voto e, soprattutto, chi sceglieranno per governare la città: tutto si giocherà su pochi, pochissimi voti.
In effetti, l'art. 81, comma 3 della legge n. 121/1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) stabilisce che "Gli appartenenti alle forze di polizia candidati ad elezioni politiche o amministrative sono posti in aspettativa speciale con assegni dal momento della accettazione della candidatura per la durata della campagna elettorale e possono svolgere attività politica e di propaganda, al di fuori dell'ambito dei rispettivi uffici e in abito civile".
Di Cesare ha invocato un intervento del ministro dell'interno e dei vertici delle forze dell'ordine, per evitare che quanto è accaduto in questo caso si riproponga in futuro: quanto accaduto l'anno scorso a Roccavivara mostra che la prassi di cui si lamenta il sindaco uscente ha radici antiche e non sarebbe facilmente estirpabile (a meno di reintrodurre l'obbligo di raccogliere e far autenticare le firme anche nei comuni sotto i mille abitanti). Di Cesare non è il solo a pensarla così: "Il sindaco ha ragione. Purtroppo è la legge che prevede questa possibilità, ma la mia lista è formata per lo più da giovani residenti a Carapelle", ha dichiarato sempre al Fatto Fabrizio Iannessa, candidato sindaco per la lista Carapelle vola, che schiera sul simbolo un gufo - o un altro rapace, chi lo sa - con tanto di sombrero memorabile in testa.
Di nuovo Di Fazio del Fatto ha interpellato Roberto Di Pietrantonio, appartenente Polizia di Stato e candidato sindaco con una Lista civica di nome e di fatto: "La mia lista - ha risposto - è composta da nove candidati, di cui soltanto due delle Forze dell’ordine: io e un aspirante consigliere. Nessuno dei miei candidati risiede a Carapelle Calvisio, ma non trovo la questione rilevante perché non prevista dalla legge. E il movimento civico che guido è composto da giovani. Abbiamo voluto rispondere all'appello lanciato dal sindaco uscente, che a febbraio invitò i giovani a candidarsi. Inoltre ci interessava fare un’esperienza politica partendo da un Comune di piccole dimensioni. Avremmo tranquillamente rinunciato all’aspettativa, ma questa avviene d’ufficio. Proprio al fine di garantire la più onesta e trasparente attività di campagna elettorale senza eventuali ripercussioni o tentativi di distrarre il voto dei cittadini". Il simbolo utilizzato, peraltro, era quasi identico a quello presentato l'anno scorso sempre da Di Pietrantonio alle comunali di Castelvecchio Calvisio, località attigua a Carapelle: al posto del blu, il tricolore era fatto con il verde, ma lui era l'unico candidato sindaco e su 277 elettori andarono a votare solo in 5 (con un solo voto valido), ben meno dei 139 richiesti dalla legge, quindi la votazione fu annullata.
A nessuno piace la patente di "furbacchione" o di "sfruttacavilli", quindi non è bene addentrarsi in disquisizioni sulla "bontà" di questa o di quella lista; al più si può ricordare che, alle scorse elezioni, erano presenti tanto la lista Insieme per Carapelle quanto Carapelle mj' (con una colomba in volo e una stretta di mano), anche se entrambe avevano una grafica decisamente black&white, come mostra il sito del Viminale. Quanto alla settima lista, Verso la libertà (con "un aereo di colore verde su sfondo giallo" per simbolo), è stata ricusata per un problema ricorrente in questo periodo - ossia l'autenticazione di firme da parte di funzionari di comuni diversi rispetto a quello di candidatura - ma i candidati risultavano tutti nati fuori regione (della residenza non è dato sapere). Sarà interessante vedere quanti carapellesi parteciperanno al voto e, soprattutto, chi sceglieranno per governare la città: tutto si giocherà su pochi, pochissimi voti.
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