Vietato, assolutamente vietato credere che l'area liberale - essendo moderata e di antica tradizione - sia noiosa: al contrario, è in continuo movimento, nel senso che di iniziative ne nascono spesso e non di rado cercano di tradursi anche in soggetti politici, insomma in movimenti o partiti. L'ultimo è nato la settimana scorsa e si chiama LiberaItalia: il nome è già un biglietto da visita, il simbolo che circola anche.
La grafica, molto più semplice e leggera rispetto a quella di molti delle ultime formazioni sorte, si è fatta notare e ha destato curiosità. A prima vista, sul fondo bianco chiuso da una circonferenza blu scura emerge sì il nome (sempre in blu), ma soprattutto la parola "lib", abbreviazione universale per definire i liberali in tutto il mondo, che con il nome condivide la font utilizzata, AR Blanca, pennellata e leggermente mossa, come strisciata dal vento. A segnalare l'italianità del progetto politico, oltre al nome stesso, provvede il tricolore che tinge le tre lettere dell'abbreviazione, ma a ben guardare, al posto del pallino della "i" c'è una corona circolare con le dodici stelle d'Europa all'interno: un modo semplice di tenere insieme il progetto liberale italiano e quello europeo.
Guardando ancora meglio, peraltro, chi ha seguito un minimo di eventi politici dei mesi scorsi potrebbe riconoscere nel nome del partito qualcosa di già visto: Liberaitalia (allora con la minuscola) era infatti la parte più evidente dell'etichetta di un evento - Liberaitalia, Europa Fisco Giustizia idee per liberare l’Italia da populismo statalismo giustizialismo - svoltosi lo scorso 6 maggio al teatro Carcano di Milano e organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi. Quel giorno l'ospite d'onore era Guy Verhofstadt, capogruppo Alde al Parlamento europeo e proprio davanti a lui si era iniziato a parlare dell'opportunità di formare un nuovo soggetto liberale, che avesse proprio il simbolo che ora sta avendo maggiore circolazione e che era stato proiettato alla fine del convegno. Persino Verhofstadt sembrava esserne rimasto colpito, dicendo che Liberaitalia "non è male per un partito politico. Ha un nome che funziona e bei colori...".
In quell'occasione si è discusso di economia, pensieri, idee, progetti, ma soprattutto di quanto sia importante dare di nuovo una casa ai liberali: una casa europea, che creda profondamente nel progetto iniziato all'indomani della seconda guerra mondiale e oggi in una fase di pericoloso stallo. Soprattutto, una casa ampia e accogliente, che cerchi di porre rimedio e fine alla diaspora dei liberali consumatasi dal 1994 (anno di scioglimento del Pli) in avanti.
Tra coloro che hanno costituito l'associazione, in base a quanto divulgato dall'Adnkronos, ci sono i due soggetti di vertice della citata Fondazione Luigi Einaudi: il presidente Giuseppe Benedetto, avvocato penalista a Roma, e il vicepresidente Davide Giacalone, ben noto come giornalista ed esperto di comunicazioni (ma con un passato repubblicano, visto che per sei anni fu segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana). Lo stesso Benedetto, intervistato sempre dall'agenzia, si è premurato di dire che ''la Fondazione Einaudi non c'entra con questo progetto perché vive e continua a vivere di propria vita e a svolgere una funzione prettamente culturale. Non da oggi, però, riteniamo che anche nelle istituzioni, a iniziare dal Parlamento, e non solo dunque nel dibattito culturale, sia importante la presenza di una forza autenticamente liberale, che si richiami e si ispiri all'Alde".
Non stupisce che, tra i presenti all'evento milanese di maggio, si ritrovino molti di coloro che in questi giorni sono stati indicati come fondatori del nuovo soggetto politico. Si sono fatti i nomi, ad esempio, di Alessandro De Nicola (avvocato, docente a contratto, editorialista, nonché presidente della Adam Smith Society), di Flavio Pasotti (imprenditore, candidato con Fare per Fermare il declino e poi impegnato in Ali), di Andrea Pruiti (avvocato anch'egli, membro del cda della Fondazione Einaudi); si è parlato però anche di Enzo Palumbo (civilista, già senatore liberale e membro del Csm, fondatore della Rete liberale e già dirigente del Pli in anni recenti, noto a molti per la sua battaglia contro l'Italicum e da tempo impegnato per costruire l'equivalente italiano dell'Alde) e di Niccolò Rinaldi (già eurodeputato indipendente con l'Idv e vicepresidente del gruppo Alde, oggi dirigente del Parlamento europeo e leader dell'associazione Libericittadini).
Pare che le adesioni al gruppo dei fondatori siano aperte sino al 15 settembre e si attendano altri arrivi significativi. In effetti a Milano c'erano altri nomi di rilievo, a partire da Enrico Zanetti di Cittadini per l'Italia (in quella sede aveva annunciato la confluenza dell'evoluzione di Scelta civica nel nuovo contenitore liberale) e Flavio Tosi con il suo Fare!; non mancavano poi esponenti repubblicani, membri individuali dell'Alde (ciascuno infatti può iscriversi al partito europeo).
Non vogliono parlare di alleanze i pionieri di LiberaItalia: farlo senza sapere con quale legge elettorale si vota è quasi inutile, ma in ogni caso per i promotori è meglio parlare dei contenuti del programma. Dunque più Europa, meno vincoli all'economia, più diritti civili, più giustizia perseguendo con convinzione la separazione delle carriere. Chi porterà avanti il programma e ci metterà la faccia, a parte i primi promotori, è ancora presto per dirlo: se la casa liberale sarà costruita solida, il panorama partitico potrebbe semplificarsi notevolmente, almeno per i Lib di tutt'Italia pronti a unirsi e a rinunciare alle proprie insegne.
La grafica, molto più semplice e leggera rispetto a quella di molti delle ultime formazioni sorte, si è fatta notare e ha destato curiosità. A prima vista, sul fondo bianco chiuso da una circonferenza blu scura emerge sì il nome (sempre in blu), ma soprattutto la parola "lib", abbreviazione universale per definire i liberali in tutto il mondo, che con il nome condivide la font utilizzata, AR Blanca, pennellata e leggermente mossa, come strisciata dal vento. A segnalare l'italianità del progetto politico, oltre al nome stesso, provvede il tricolore che tinge le tre lettere dell'abbreviazione, ma a ben guardare, al posto del pallino della "i" c'è una corona circolare con le dodici stelle d'Europa all'interno: un modo semplice di tenere insieme il progetto liberale italiano e quello europeo.
Guardando ancora meglio, peraltro, chi ha seguito un minimo di eventi politici dei mesi scorsi potrebbe riconoscere nel nome del partito qualcosa di già visto: Liberaitalia (allora con la minuscola) era infatti la parte più evidente dell'etichetta di un evento - Liberaitalia, Europa Fisco Giustizia idee per liberare l’Italia da populismo statalismo giustizialismo - svoltosi lo scorso 6 maggio al teatro Carcano di Milano e organizzato dalla Fondazione Luigi Einaudi. Quel giorno l'ospite d'onore era Guy Verhofstadt, capogruppo Alde al Parlamento europeo e proprio davanti a lui si era iniziato a parlare dell'opportunità di formare un nuovo soggetto liberale, che avesse proprio il simbolo che ora sta avendo maggiore circolazione e che era stato proiettato alla fine del convegno. Persino Verhofstadt sembrava esserne rimasto colpito, dicendo che Liberaitalia "non è male per un partito politico. Ha un nome che funziona e bei colori...".
In quell'occasione si è discusso di economia, pensieri, idee, progetti, ma soprattutto di quanto sia importante dare di nuovo una casa ai liberali: una casa europea, che creda profondamente nel progetto iniziato all'indomani della seconda guerra mondiale e oggi in una fase di pericoloso stallo. Soprattutto, una casa ampia e accogliente, che cerchi di porre rimedio e fine alla diaspora dei liberali consumatasi dal 1994 (anno di scioglimento del Pli) in avanti.
Tra coloro che hanno costituito l'associazione, in base a quanto divulgato dall'Adnkronos, ci sono i due soggetti di vertice della citata Fondazione Luigi Einaudi: il presidente Giuseppe Benedetto, avvocato penalista a Roma, e il vicepresidente Davide Giacalone, ben noto come giornalista ed esperto di comunicazioni (ma con un passato repubblicano, visto che per sei anni fu segretario nazionale della Federazione Giovanile Repubblicana). Lo stesso Benedetto, intervistato sempre dall'agenzia, si è premurato di dire che ''la Fondazione Einaudi non c'entra con questo progetto perché vive e continua a vivere di propria vita e a svolgere una funzione prettamente culturale. Non da oggi, però, riteniamo che anche nelle istituzioni, a iniziare dal Parlamento, e non solo dunque nel dibattito culturale, sia importante la presenza di una forza autenticamente liberale, che si richiami e si ispiri all'Alde".
Non stupisce che, tra i presenti all'evento milanese di maggio, si ritrovino molti di coloro che in questi giorni sono stati indicati come fondatori del nuovo soggetto politico. Si sono fatti i nomi, ad esempio, di Alessandro De Nicola (avvocato, docente a contratto, editorialista, nonché presidente della Adam Smith Society), di Flavio Pasotti (imprenditore, candidato con Fare per Fermare il declino e poi impegnato in Ali), di Andrea Pruiti (avvocato anch'egli, membro del cda della Fondazione Einaudi); si è parlato però anche di Enzo Palumbo (civilista, già senatore liberale e membro del Csm, fondatore della Rete liberale e già dirigente del Pli in anni recenti, noto a molti per la sua battaglia contro l'Italicum e da tempo impegnato per costruire l'equivalente italiano dell'Alde) e di Niccolò Rinaldi (già eurodeputato indipendente con l'Idv e vicepresidente del gruppo Alde, oggi dirigente del Parlamento europeo e leader dell'associazione Libericittadini).
Pare che le adesioni al gruppo dei fondatori siano aperte sino al 15 settembre e si attendano altri arrivi significativi. In effetti a Milano c'erano altri nomi di rilievo, a partire da Enrico Zanetti di Cittadini per l'Italia (in quella sede aveva annunciato la confluenza dell'evoluzione di Scelta civica nel nuovo contenitore liberale) e Flavio Tosi con il suo Fare!; non mancavano poi esponenti repubblicani, membri individuali dell'Alde (ciascuno infatti può iscriversi al partito europeo).
Non vogliono parlare di alleanze i pionieri di LiberaItalia: farlo senza sapere con quale legge elettorale si vota è quasi inutile, ma in ogni caso per i promotori è meglio parlare dei contenuti del programma. Dunque più Europa, meno vincoli all'economia, più diritti civili, più giustizia perseguendo con convinzione la separazione delle carriere. Chi porterà avanti il programma e ci metterà la faccia, a parte i primi promotori, è ancora presto per dirlo: se la casa liberale sarà costruita solida, il panorama partitico potrebbe semplificarsi notevolmente, almeno per i Lib di tutt'Italia pronti a unirsi e a rinunciare alle proprie insegne.
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