Sono arrivati entro ieri pomeriggio gli esiti delle decisioni della Direzione centrale dei servizi elettorali sull'ammissibilità dei contrassegni depositati tra il 19 e il 21 gennaio. Se ci si ferma al dato numerico, il dato può colpire: su 103 emblemi depositati, infatti, ben 19 sono risultati non ammessi, mentre altri 10 non consentiranno la presentazione di liste. Quasi un terzo dei simboli presentati, insomma, per il Ministero dell'interno non è attualmente nelle condizioni di partecipare alle elezioni.
Se si va oltre il dato numerico, tuttavia, occorre fare alcune considerazioni: partiamo dai simboli che "non consentiranno la presentazione di liste", che fino al 2014 venivano definiti "senza effetti" (un'espressione che per alcuni era oscura, per cui è stata cambiata). Quella era ed è la condizione di coloro che hanno presentato una documentazione carente, in mancanza soprattutto dell'indicazione dei delegati al deposito delle candidature. In questi casi si ritiene che l'assenza di quei documenti non sia frutto di una dimenticanza o di un errore cui si può porre rimedio (come avviene con un contrassegno da sostituire o un documento incompleto da integrare), ma sia indice della volontà di non partecipare alle elezioni (altrimenti si sarebbe indicato almeno un soggetto delegato a presentare le candidature): il simbolo, dunque, non viene giudicato per quello che è, ma solo ritenuto non in grado di produrre conseguenze (con riferimento alla presentazione di liste). Detto questo, non potranno contrassegnare liste i simboli - in ordine di bacheca - di Recupero Maltolto, Ragione e libertà, La Catena, Fronte verde, Democrazia è libertà - La Margherita, Coordinamento politico italiano, Valentino Presidente (Movimento autonomo autotrasportatori europei - Movimento pensionati europeo), Federalisti democratici europei e Italia dei diritti. In alcuni casi si trattava chiaramente di deposito cautelare per evitare che altri usassero il simbolo (soprattutto per la Margherita), mentre in altre situazioni ci si trova di fronte a realtà decisamente piccole, che non sarebbero riuscite a partecipare alle elezioni ma volevano comunque mostrare il loro emblema in bacheca o figurare come depositanti con tanto di programma.
Per quanto riguarda invece la più ampia categoria dei contrassegni non ammessi, occorre dire che essa quest'anno non contiene soltanto i simboli ritenuti confondibili o contrari alla legge, ma include anche i casi in cui la dichiarazione di trasparenza autenticata da notaio non è stata depositata o non è parsa completa: per questo il numero (19 su 103) appare ragguardevole.
Sicuramente è più facile individuare alcuni casi di ricusazione per confondibilità. Erano per esempio ampiamente attese, almeno da chi scrive, le richieste di sostituzione dei simboli contenenti gli scudi crociati e diversi dall'Udc, dunque la Democrazia cristiana di Gianni Fontana e anche il Blocco nazionale per le libertà, non certo per l'accoppiata Stella e corona di Italia reale ma per lo scudo di DemoCristiana (non è bastato, dunque, inserire uno scudo sabaudo, con croce bianca su fondo rosso, per scongiurare la confondibilità).
Altrettanto prevedibili erano le bocciature dei simboli contenenti la fiamma tricolore diversi da Fratelli d'Italia: disco rosso, dunque, tanto per l'identica fiamma del Movimento sociale italiano - Destra nazionale di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro (a quanto pare la famosa - e da me criticata - sentenza della Corte d'appello di Firenze, che a detta del Msi gli riconosceva irrevocabilmente la titolarità del simbolo a danno della Fondazione An e di Fratelli d'Italia, non ha cambiato di una virgola la posizione del Viminale) quanto per quella del più enigmatico, calabrese Movimento sociale (la cui fiamma era leggermente diversa, ma poteva forse restituire l'impressione del vecchio simbolo missino); bocciata però anche la fiamma simil-lepeniana del Movimento Destre unite, benché il simbolo sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale assieme allo statuto del partito dopo il controllo dell'apposita Commissione. Nessun problema invece per la Fiamma tricolore, che ha unito il suo simbolo a quello di Forza nuova in Italia agli Italiani, visto che da anni ormai usa una goccia tricolore seghettata.
I dubbi di confondibilità hanno però bloccato anche i Libeguali di Luciano Chiappa, che avevano presentato il loro simbolo per rivendicare la loro preesistenza rispetto a Liberi e Uguali con Pietro Grasso: il Viminale, invece, ha ritenuto prevalente il diritto di questi ultimi che avevano aggiunto quel nome ai gruppi parlamentari di Sinistra italiana e Articolo 1, riconoscendo dunque loro la tutela rafforzata di cui godono i soggetti politici rappresentati in Parlamento. Ai Libeguali, tra l'altro, sarebbe stato chiesto di modificare persino il nome, più che il simbolo (decisamente non confondibile, in nessuna delle due versioni presentate), cosa che a Luciano Chiappa - presentatore dei contrassegni e creatore della dottrina della Democrazia libeguale - non è proprio andata a genio.
Sorprende, almeno in prima battuta, la richiesta di sostituire il contrassegno dei Pensionati e invalidi - giovani insieme, depositato domenica mattina da Luigina Staunovo Polacco: a prima vista, in effetti, sembra identico o quasi a quello depositato in passato. Uno sguardo più attento, a dire il vero, si accorge che la corona blu che contiene le dodici stelle è più sottile rispetto al passato e lo sfondo del cerchio centrale è ancora un tricolore sfumato, ma il bianco ha più spazio. Evidentemente per il ministero questo lo ha reso più confondibile di prima rispetto a quello dei Pensionati ed è scattato l'altolà. Confondibilità ravvisata anche per il partito Indipendenza del Veneto, probabilmente a causa dello stendardo già depositato dalla Liga Veneta Repubblica il giorno prima.
Restano, sul piano simbolico, soltanto due casi in cui la non ammissione dipende dal simbolo e non da questioni documentali. Era abbastanza facile prevedere che il Movimento nazional socialista dei lavoratori - NSAB sarebbe stato escluso quale simbolo di stampo fascista (anzi, nazista), ma pare che lo stesso appunto sia stato mosso al Movimento riscatto nazionale: chi scrive aveva messo in luce la criticità dell'uso dello stemma repubblicano (peraltro sgretolato, quindi vilipeso), ma a quanto pare non andava bene nemmeno l'aquila, simile a quella che teneva tra gli artigli il fascio littorio o la corona con la svastica nazista (e, tra l'altro, le fronde dello stellone potrebbero ricordare quello stesso disegno).
Le esclusioni restanti, invece, dovrebbero essere tutte legate all'assenza o all'incompletezza della dichiarazione di trasparenza richiesta dalla nuova legge elettorale: ciò varrebbe - sempre in ordine di bacheca - per il Movimento tecnico nazionale popolare per la pace, il Movimento politico Forconi, il la Lega per l'Italia (ma la formazione di Luigi Pergamo avrebbe deciso di sostenere il Pri), i Pensionati e consumatori, i Movimenti per Italia sovrana, Ora rispetto per tutti gli animali, La luce del Sud e No riforma forense. Anche a loro, come a quelli che hanno presentato simboli da sostituire, la legge concede 48 ore dall'annuncio per la presentazione della dichiarazione di trasparenza (non pochi hanno avuto il problema dell'autenticazione da parte di un notaio, soprattutto chi ha presentato i documenti tra sabato e domenica) o per la sua integrazione. Se tutto andrà bene, i contrassegni torneranno tra gli ammessi, altrimenti la corsa sarà finita lì.
Altrettanto prevedibili erano le bocciature dei simboli contenenti la fiamma tricolore diversi da Fratelli d'Italia: disco rosso, dunque, tanto per l'identica fiamma del Movimento sociale italiano - Destra nazionale di Gaetano Saya e Maria Antonietta Cannizzaro (a quanto pare la famosa - e da me criticata - sentenza della Corte d'appello di Firenze, che a detta del Msi gli riconosceva irrevocabilmente la titolarità del simbolo a danno della Fondazione An e di Fratelli d'Italia, non ha cambiato di una virgola la posizione del Viminale) quanto per quella del più enigmatico, calabrese Movimento sociale (la cui fiamma era leggermente diversa, ma poteva forse restituire l'impressione del vecchio simbolo missino); bocciata però anche la fiamma simil-lepeniana del Movimento Destre unite, benché il simbolo sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale assieme allo statuto del partito dopo il controllo dell'apposita Commissione. Nessun problema invece per la Fiamma tricolore, che ha unito il suo simbolo a quello di Forza nuova in Italia agli Italiani, visto che da anni ormai usa una goccia tricolore seghettata.
I dubbi di confondibilità hanno però bloccato anche i Libeguali di Luciano Chiappa, che avevano presentato il loro simbolo per rivendicare la loro preesistenza rispetto a Liberi e Uguali con Pietro Grasso: il Viminale, invece, ha ritenuto prevalente il diritto di questi ultimi che avevano aggiunto quel nome ai gruppi parlamentari di Sinistra italiana e Articolo 1, riconoscendo dunque loro la tutela rafforzata di cui godono i soggetti politici rappresentati in Parlamento. Ai Libeguali, tra l'altro, sarebbe stato chiesto di modificare persino il nome, più che il simbolo (decisamente non confondibile, in nessuna delle due versioni presentate), cosa che a Luciano Chiappa - presentatore dei contrassegni e creatore della dottrina della Democrazia libeguale - non è proprio andata a genio.
Sorprende, almeno in prima battuta, la richiesta di sostituire il contrassegno dei Pensionati e invalidi - giovani insieme, depositato domenica mattina da Luigina Staunovo Polacco: a prima vista, in effetti, sembra identico o quasi a quello depositato in passato. Uno sguardo più attento, a dire il vero, si accorge che la corona blu che contiene le dodici stelle è più sottile rispetto al passato e lo sfondo del cerchio centrale è ancora un tricolore sfumato, ma il bianco ha più spazio. Evidentemente per il ministero questo lo ha reso più confondibile di prima rispetto a quello dei Pensionati ed è scattato l'altolà. Confondibilità ravvisata anche per il partito Indipendenza del Veneto, probabilmente a causa dello stendardo già depositato dalla Liga Veneta Repubblica il giorno prima.
Restano, sul piano simbolico, soltanto due casi in cui la non ammissione dipende dal simbolo e non da questioni documentali. Era abbastanza facile prevedere che il Movimento nazional socialista dei lavoratori - NSAB sarebbe stato escluso quale simbolo di stampo fascista (anzi, nazista), ma pare che lo stesso appunto sia stato mosso al Movimento riscatto nazionale: chi scrive aveva messo in luce la criticità dell'uso dello stemma repubblicano (peraltro sgretolato, quindi vilipeso), ma a quanto pare non andava bene nemmeno l'aquila, simile a quella che teneva tra gli artigli il fascio littorio o la corona con la svastica nazista (e, tra l'altro, le fronde dello stellone potrebbero ricordare quello stesso disegno).
Le esclusioni restanti, invece, dovrebbero essere tutte legate all'assenza o all'incompletezza della dichiarazione di trasparenza richiesta dalla nuova legge elettorale: ciò varrebbe - sempre in ordine di bacheca - per il Movimento tecnico nazionale popolare per la pace, il Movimento politico Forconi, il la Lega per l'Italia (ma la formazione di Luigi Pergamo avrebbe deciso di sostenere il Pri), i Pensionati e consumatori, i Movimenti per Italia sovrana, Ora rispetto per tutti gli animali, La luce del Sud e No riforma forense. Anche a loro, come a quelli che hanno presentato simboli da sostituire, la legge concede 48 ore dall'annuncio per la presentazione della dichiarazione di trasparenza (non pochi hanno avuto il problema dell'autenticazione da parte di un notaio, soprattutto chi ha presentato i documenti tra sabato e domenica) o per la sua integrazione. Se tutto andrà bene, i contrassegni torneranno tra gli ammessi, altrimenti la corsa sarà finita lì.
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