Ora lo si può dire quasi con certezza: sulla scheda delle elezioni regionali del Veneto non sarà presente il simbolo di Venetie per l'autogoverno e del suo candidato alla presidenza della regione, Loris Palmerini. Oggi, infatti, il Tar del Veneto ha respinto il suo ricorso, seguito all'esclusione delle sue liste dalla competizione elettorale da parte degli uffici elettorali circoscrizionali.
A Palmerini, in particolare, era stata contestata la pretesa di essere ammesso alla competizione senza aver presentato alcuna firma a sostegno delle proprie liste provinciali: questi riteneva di averne diritto non in base alle ipotesi previste dalla legge elettorale regionale, bensì ad altre norme nazionali e regionali e ai principi di parità di accesso per i candidati: per i vari uffici elettorali coinvolti, l'esenzione spettava solo alle liste "espressione dei gruppi consiliari o delle componenti politiche costituite in seno al gruppo consiliare Misto, presenti in Consiglio regionale" e a quelle che avevano ottenuto "una dichiarazione di collegamento con gruppi consiliari o con componenti politiche costituite in seno al gruppo consiliare Misto, presenti in Consiglio regionale da almeno il 365° giorno antecedente la data di convocazione dei comizi elettorali", dichiarazione che per ciascun gruppo poteva riguardare una sola lista, anche "con denominazione e simbologia diversa da quella del gruppo consiliare di collegamento" (si è già peraltro visto che le due ipotesi, per quanto sembri assurdo, non sono espressamente alternative, per cui di fatto ogni gruppo può esentare la propria lista e un'altra a piacere).
All'esclusione della sua candidatura, Palmerini aveva reagito con un ricorso presentato in proprio (lo ha firmato lui stesso, senza l'assistenza di un avvocato, né risulta che lui lo sia), non solo come aspirante presidente della regione, ma anche come legale rappresentante "dell'aggregazione dei cittadini appartenenti alle minoranze etnico-linguistiche del Veneto" denominata Aggregazione veneta. Quel ricorso, infatti, è stata l'occasione per porre l'attenzione soprattutto su presunti profili di illegittimità di varie norme della legge elettorale regionale, sotto diversi punti di vista. In particolare, secondo Palmerini l'istituto dell'esonero dalla raccolta firme produce una "oggettiva disparità di accesso alle cariche elettive" che, a suo dire, confligge con i principi indicati dalla "legge cornice" n. 165/2004 (con cui il Parlamento ha dettato appunto le norme di principio in materia di ineleggibilità, incompatibilità e sistema di elezione regionale, in attuazione dell'art. 122 Cost.): nel ricorso si evidenziano le disposizioni che prevedono l'ineleggibilità di un candidato quando le sue attività o funzioni, tra l'altro, possano "violare la parità di accesso alle cariche elettive rispetto agli altri candidati" e l'obbligo per il sistema elettorale regionale di assicurare "la rappresentanza delle minoranze". Per Palmerini lui stesso e la lista Venetie per l'autogoverno "sono espressione delle minoranze linguistiche [ladina, friulana, germanica dei Cimbri e storiche del Veneto, riconosciute da leggi regionali e nazionali, ndb] e della minoranza politica", dunque la sua lista non potrebbe essere esclusa e, anzi, dovrebbe partecipare senza raccogliere le firme, come dovrebbero essere dichiarati ineleggibili i capigruppo che hanno negato la concessione dell'esonero, con un atteggiamento ritenuto dal ricorrente lesivo della parità di accesso alle cariche elettive. Allo stesso tempo, Palmerini ha lamentato come i capigruppo fossero decaduti al momento in cui avevano emesso le loro dichiarazioni di esenzione da circa due settimane, poiché i consigli regionali esercitano la loro funzione fino al 46° giorno precedente il voto (cioè fino al 5 agosto, mentre le dichiarazioni sono datate 18 agosto).
Per tutti questi motivi, Palmerini chiedeva non solo che si concedesse alle sue liste di correre senza firme, in base ai ricordati principi che lui riteneva di avere individuato, ma anche che si escludessero le liste presentate senza sottoscrizioni (essendo basata l'esenzione su una dichiarazione rilasciata fuori tempo massimo) e la candidatura stessa di Luca Zaia (per la citata ineleggibilità), come pure che si sollevasse questione di legittimità costituzionale sulla legge elettorale regionale, per le disposizioni in cui prevede l'esenzione dall'onere di sottoscrivere le liste, ma anche per quella transitoria che di fatto consente a un candidato presidente - in questo caso Luca Zaia - di concorrere per il terzo mandato consecutivo (che, secondo Palmerini, non potrebbe prevalere sul divieto del terzo mandato consecutivo posto senza eccezioni dalla "legge cornice" nel 2004).
Il collegio del Tribunale amministrativo regionale, tuttavia, ha dichiarato il ricorso di Palmerini in parte inammissibile e in parte infondato (anche al di là di varie mancanze formali del ricorso rilevate dalla Regione Veneto). Inammissibili erano le censure alle ammissioni di candidati e liste diversi da quelli legati al ricorrente, poiché questi anni non hanno direttamente leso il diritto del ricorrente stesso a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni, poiché eventuali inosservanze delle forme nella presentazione di quelle candidature - ed è da vedere che ci siano state - non hanno interferito con la mancata partecipazione del ricorrente (come succederebbe qualora fosse ammesso, ad esempio, un contrassegno confondibile e tale confondibilità non fosse stata rilevata dall'ufficio elettorale, oppure fosse stato escluso chi in realtà aveva titolo all'uso di quel contrassegno e ammesso chi non avrebbe potuto usarlo). Le questioni legate alle esenzioni altrui e al terzo mandato di Zaia potranno essere oggetto di un contenzioso, ma solo in sede di impugnazione del risultato finale delle elezioni (e, dunque, della proclamazione degli eletti). Inammissibili però sono apparse anche le lamentele volte a investire la Corte costituzionale del giudizio di legittimità legato a varie disposizioni della legge elettorale regionale: il cammino del procedimento elettorale preparatorio necessita di compiersi in tempi rapidi e certi e non può tollerare che un iter sia sospeso per investire la Corte costituzionale delle questioni.
Quanto alla ricusazione della candidatura di Palmerini e delle sue liste, le contestazioni dell'escluso sono state ritenute infondate. Posto che per i giudici non è facile capire in che modo la lista Venetie per l'autogoverno possa qualificarsi come "soggetto rappresentativo di minoranza" (non essendo stato chiarito a che titolo la lista possa dirsi legata a "uno o più particolari gruppi etnico-linguistici"), si ribadisce che l'avere riservato l'esonero dalla raccolta firme a liste che siano collegate con gruppi consiliari appaia "un sicuro indice presuntivo di radicamento", precludendo però ogni interpretazione estensiva del beneficio (previsto da una norma eccezionale) a favore di "soggetti che, non avendo maturato una pregressa rappresentanza politica, non possono esimersi dall'offrire, attraverso la sottoscrizione degli elettori, la prova di un analogo radicamento territoriale".
Se si può condividere, alla luce della legge, il percorso argomentativo seguito dai giudici, appare il caso di aggiungere due riflessioni. Da una parte, sarebbe stato opportuno precisare che, anche ove si fosse verificato che Venetie per l'autogoverno era davvero espressione di una minoranza etnico-linguistica, non si sarebbe comunque trovata nella legge elettorale regionale un'ipotesi di esenzione dalla raccolta firme per le liste rappresentative di minoranze (considerando che le minoranze di cui parla la "legge cornice" del 2004 non sono, come sostiene Palmerini, quelle etnico-linguistiche, ma le forze uscite sconfitte dalle elezioni regionali, comunque da rappresentare in consiglio). Dall'altra, se effettivamente l'aver eletto uno o più rappresentanti in assemblea può essere considerato come "un sicuro indice presuntivo di radicamento", sembra imprudente aver enunciato tale argomento in questi termini poiché è assai più difficile parlare di radicamento per liste nate poche settimane prima del voto ma esonerate dalla raccolta firme da uno dei gruppi presenti in consiglio.
Riassunto così il contenuto della decisione del Tar, a meno di un - poco probabile e, soprattutto, con poche possibilità di successo - ulteriore ricorso al Consiglio di Stato, si dovranno dunque attendere altre occasioni perché elettrici ed elettori del Veneto abbiano la possibilità di votare il leone marciano "in moléca" (cioè accovacciato e in posizione frontale, con le ali a ventaglio come le chele aperte di un granchio, una moléca appunto). Questo, a dire il vero, non è nemmeno stato il primo tentativo di correre alle elezioni regionali: se - come si legge nel sito Venexie.com - dopo la nascita del movimento nel 2009 (per le elezioni provinciali di Padova, occasione in cui nel simbolo campeggiava anche una V rossa a spruzzo di vernice, che ricordava molto quella delle Liste ciViche a 5 Stelle nate in quel periodo), l'anno successivo il progetto politico aveva cercato di essere presente alle regionali, anche allora senza raccogliere le firme: arrivò puntuale l'esclusione e il Tar prima (sent. n. 822/2010) e il Consiglio di Stato poi (disp. n. 475/2010) confermarono che "la previsione di un numero minimo di sottoscrittori della lista è coerente con il principio di rappresentatività della stessa, principio che deve essere assicurato anche in caso di minoranze", senza che ciò confligga con le norme europee che tutelano le minoranze stesse.
A distanza di dieci anni, la storia si ripete, con un protagonista identico e motivazioni programmatiche simili (banche regionali, autonomia e autogoverno, trasparenza e libertà nella salute, democrazia diretta, amministrazione bilingue, scuola e società, immigazione, verifica dell'annessione del Veneto da parte dei lombardi); anche l'esito, tuttavia, è rimasto lo stesso.. .
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