Non è certo passata inosservata la notizia della lista Prima l'Italia!, che la Lega e il suo segretario Matteo Salvini - secondo quanto detto nel consiglio federale tenutosi oggi a Roma, nella sede del partito di via delle Botteghe Oscure - intenderebbero lanciare a partire dalle prossime elezioni amministrative, iniziando l'esperimento a Palermo. L'attenzione dei più si è concentrata sul ruolo che quella lista potrebbe avere nel centrodestra locale, essendo in grado di accogliere sotto lo stesso emblema - privo di ogni traccia della statua tradizionalmente legata al personaggio di Alberto da Giussano - sensibilità diverse, civiche innanzitutto, ma con l'idea che anche buona parte della coalizione possa rientrarvi, ora o in seguito.
Così, accanto alle parole del segretario siciliano della Lega (e indicato come maggior propulsore dell'operazione "Prima l'Italia!") Nino Minardo - per il quale la scelta è stata fatta "per aprirci al civismo, agli amministratori locali, ai movimenti civici regionali e provinciali. Ci sono tanti sindaci in cerca di collocazione politica, in cerca di un punto di riferimento. Amministratori che ancora non hanno scelto il contenitore più adatto a loro. Noi intendiamo lavorare così, sia in vista delle amministrative per Palermo, che in vista delle elezioni regionali" - occorre considerare l'intervista che lo stesso Salvini ha rilasciato a Mario Barresi del quotidiano La Sicilia: per lui Prima l'Italia! è "un progetto serio, ambizioso e vincente. Da tempo parliamo di federazione di centrodestra per valorizzare e rafforzare l’impegno e i valori della coalizione: sono convinto che il laboratorio Sicilia darà risposte importanti"; poiché la Lega "è il partito di centrodestra che tra amministrazioni locali, Parlamento ed Europa ha il maggior numero di eletti", avrebbe anche "l'onore e l'onere di suggerire soluzioni per tutta la coalizione", dunque una federazione con simbolo non connotato partiticamente, che possa diventare "una casa accogliente anche per tanti amministratori locali ed esponenti della società civile interessati a un progetto di buon governo".
Ora, si lascino perdere per un attimo i diversi gradi di accoglienza della proposta da parte delle forze del centrodestra (con le reazioni di Forza Italia e Udc più interessate e un discreto gelo da parte di Fratelli d'Italia e del presidente uscente, Nello Musumeci, che avrà proprio l'appoggio di Fdi): da queste parti, meglio concentrarsi sul simbolo che è stato presentato e diffuso online. Chi segue da tempo le campagne politiche della Lega e di Matteo Salvini non può certo stupirsi dell'uso anche elettorale dello slogan "Prima l'Italia!": esso era comparso già nella campagna verso le elezioni europee (e amministrative) del 2019 - e in particolare legato alla manifestazione di piazza Duomo a Milano del 18 maggio - accompagnato allo stesso elemento tricolore curvilineo su fondo blu (più chiaro e sfumato rispetto alla tinta scelta ora), unito all'ulteriore elemento testuale "Il buonsenso in Europa".
Allo stesso modo, si chiamava "Prima l'Italia! - Bella, libera, giusta" una manifestazione svolta lo scorso anno il 19 giugno a Roma (piazza Bocca della Verità). La medesima grafica, sempre su fondo azzurro sfumato, si era vista poi in quello stesso 2021 alle elezioni amministrative nei capoluoghi di provincia della Campania, in particolare a Benevento, Caserta (ma con la grafica sulla parte bianca del simbolo) e Salerno (sia pure con una font diversa); doveva esserci anche a Napoli, ma la lista Prima Napoli (nessuna delle liste locali aveva il punto esclamativo) non era finita sulle schede delle elezioni comunali a causa di varie carenze nei documenti presentati. Il primo esperimento, dunque, era già stato fatto lo scorso anno, anche se in quell'occasione era più giusto parlare di liste organizzate soprattutto dalla Lega, pur senza il simbolo ufficiale; questa volta lo sguardo è più ampio e punta non solo alle prossime comunali, ma all'intero panorama nazionale (oltre che a un'area più ampia possibile del centrodestra).
Certo è che in ambito politico né Matteo Salvini, né la Lega hanno la primogenitura sull'espressione "Prima l'Italia", senza punto esclamativo: nessun problema o nessuna causa all'orizzonte per chi intende usarlo, ma è giusto ricordare che la politica italiana ha già assistito all'uso di quell'espressione. L'ultimo di una certa rilevanza risale al 2013, quando l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno fondò un suo movimento, chiamandolo appunto Prima l’Italia, con l'idea di "contribuire a costruire una nuova grande alleanza, nazionale e popolare, per salvare l'Italia": il simbolo era un cerchio incompleto, tracciato solo con due pennellate verdi e rosse (praticamente il simbolo dell'Italia di mezzo di Marco Follini pennellato e girato di 90 gradi in senso orario).
Si potrebbe allora essere tentati di ascrivere lo slogan "Prima l'Italia" al centrodestra - e già questo potrebbe non far piacere a Salvini, interessato sì a federare quell'area, ma a individuarla appunto come area del buonsenso - ma la tentazione va subito messa da parte. Perché proprio "Prima l'Italia" fu lo slogan usato da Pierluigi Bersani nel 2012 (ma l'impiego era iniziato anche prima) per le iniziative del Partito democratico verso le elezioni del 2013. E, volendo andare ancora più indietro, "Prima l'Italia" fu uno dei messaggi schierati dalla Democrazia cristiana nella campagna tra il 1991 e le elezioni politiche del 1992 (le ultime cui abbia partecipato): faceva bella mostra di sé su uno dei manifesti più noti di quegli anni, assieme al payoff "Fai vincere il tuo futuro", sormontato da uno scudo crociato tridimensionale e dal bordo tricolore; altre volte questi due elementi erano combinati con un altro testo molto famoso, diretto un po' contro il primo avversario di sempre (il Pci, ormai diventato Pds), un po' contro il disegno allora portato avanti dalla Lega Nord guidata da Umberto Bossi: "Vogliono disgregare l'Italia, insieme lo impediremo".
Il contenuto del simbolo che si appresta a fare capolino a Palermo, dunque, non è nuovo, ma - come si è visto - non è nemmeno una novità. Non è dato sapere come mai proprio ora Matteo Salvini abbia proposto di presentare liste con questo simbolo, posto che avrebbe potuto farlo in qualunque altro momento. Qualcuno, però, forse ha ancora in mente quel che accadde tra il 2012 e il 2013. Negli ultimi mesi del 2012, infatti, la Lega Nord guidata da Roberto Maroni aveva utilizzato in varie occasioni - a partire dagli "Stati Generali" svolti al Lingotto di Torino dal 28 a 29 settembre - lo slogan "Prima il Nord!", con la scritta pennellata color verde scuro (lo stesso tono del Sole delle Alpi). Quando furono presentati i contrassegni in vista delle elezioni politiche del 2013, non sfuggì a nessuno la presenza, tra gli emblemi depositati nell'ultima giornata disponibile (21 gennaio) di un simbolo con la stessa espressione, ma proposta con una diversa pennellatura e in un'altra tonalità di verde, oltre che racchiusa in un cerchio. Tempo qualche manciata di ore e si seppe che la Lega Nord, mediante Roberto Calderoli, si era rivolta al Viminale per chiedere la bocciatura di quel simbolo depositato da altri soggetti (proprio perché lo aveva ritenuto ingannevole, rispetto all'uso fatto in precedenza di quell'espressione riprodotta con quello stile) ma il contrassegno era stato ammesso comunque; di più, si seppe che a presentarlo era stato Diego Volpe Pasini, già presentatore di Sos Italia (e animatore di altri emblemi, prima e dopo). Il Carroccio - attraverso l'allora delegato Gianni Fava - provò a opporsi di nuovo, rivolgendosi all'Ufficio elettorale centrale nazionale e argomentando in modo più approfondito le proprie tesi: i giudici della Corte di cassazione, tuttavia, risposero che i due contrassegni "ufficiali" erano molto diversi tra loro e che "Prima il Nord!", pur essendo stata usata in precedenza, non faceva parte del fregio elettorale leghista, dunque il partito di Maroni non poteva ottenere tutela. La decisione confermò dunque l'ammissibilità del simbolo "Prima il Nord!", che sarebbe tornato in bacheca nel 2018 ma non finì sulle schede nemmeno in quel 2013; in compenso, quando furono presentate le liste della Lega Nord, si scoprì che alla Camera in Emilia-Romagna al secondo posto della lista bloccata era stata inserita la friulana Sara Papinutto, che alcune voci - da lei smentite - avevano dato per candidata fino a pochi giorni prima con il Mir di Gianpiero Samorì. Papinutto, soprattutto, era ed è la moglie di Volpe Pasini. Se il centrodestra avesse vinto le elezioni e con queste il premio di maggioranza, il seggio sarebbe stato assicurato; il premio andò invece al centrosinistra e l'unico seggio emiliano-romagnolo per la Lega Nord andò al capolista di allora, Gianluca Pini: la candidatura di Papinutto, al centro di molte discussioni, non si era dunque trasformata in scranno parlamentare.
Calderoli si ricordava bene quell'episodio e non ci si stupì neanche un po' nell'ascoltare un suo intervento in Senato a sostegno dell'emendamento ex Sposetti con cui si proponeva di esigere il deposito dello statuto "registrato" del partito insieme a quello del contrassegno elettorale: ricordò appunto le disavventure che gli era capitato di vivere nelle varie file davanti al Viminale e citò anche il caso del 2013, quando "ancora una volta sono stati depositati i simboli apocrifi della Lega, del Movimento 5 Stelle e dei Fratelli d'Italia, con l'apertura di una procedura di giorni per stabilire se due allegri compagnoni avessero solo portato un simbolo ovvero, come è capitato al nostro partito, se qualcuno avesse depositato un simbolo pretendendo che la moglie venisse candidata in un collegio con elezione sicura per accettare di ritirare il simbolo che aveva depositato" (tutto scritto nel resoconto stenografico, si può controllare). Quell'esperienza deve aver insegnato a Calderoli, alla (vecchia) Lega Nord e alla (nuova) Lega per Salvini premier che è meglio usare un simbolo in anticipo (anche solo come test) o almeno depositarlo quando è il momento, piuttosto che rischiare sorprese in seguito: sarà per questo che a Palermo sta per debuttare Prima l'Italia?
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